#SperanzaVirale: Pierre

Buongiorno a tutti, sono qui per raccontarvi la mia personale esperienza.

Fino a qualche settimana fa svolgevo il mio tirocinio nel reparto di anestesia e rianimazione dell’ospedale Umberto I di Roma. È stata una bella esperienza, con i medici e gli infermieri è nata subito una certa confidenza a tal punto che sono arrivati a fidarsi ciecamente di me.

Il 20 Febbraio è stato il mio compleanno. Ognuno di loro, durante il turno di notte, ha partecipato portando da mangiare e la torta per festeggiare il mio compleanno. Eravamo tutti felici e allegri, ci abbracciavamo e ci facevamo mille risate. Dopo aver festeggiato, la sera tardi è arrivato un paziente che presentava tutti i sintomi del Corona virus. Eravamo scarsamente attrezzati e impreparati. Come se non bastasse, il paziente non dava più segni di vita, ci siamo attivati, abbiamo fatto tutto il necessario per salvarlo e dopo un po’ si è ripreso. Gli abbiamo fatto i tamponi ma potevamo sapere della sua positività o negatività solo a fine pomeriggio del giorno dopo, perché il laboratorio era affollatissimo e non potevano darci la precedenza.

Dopo aver smontato dalla notte, abbiamo aspettato che arrivassero i risultati per tornare a casa. Se i tamponi del paziente fossero risultati positivi ci avrebbero messi in quarantena ed avrebbero fatto itamponi anche a tutti noi. Durante la lunga attesa, ero ansioso, preoccupato, mi vedevo già in quarantena per un periodo indeterminato senza poter parlare con nessuno, senza avere vicino a me i componenti della mia famiglia, senza poter uscire nemmeno per fare la spesa, senza poter più respirare bene, senza poter più godere dei sapori culinari dei nostri piatti perché attaccato alla nutrizione enterale, senza poter più farmi una bella doccia, senza poter più studiare, dare gli esami e laurearmi. I miei si preoccupavano e piangevano al telefono. Quando ci hanno detto che i tamponi erano negativi è stato un sollievo. Arrivato a casa sembravo un prigioniero che era appena stato rimesso in libertà. Dopo questa esperienza ho capito che era meglio stare isolato a casa che in una stanza di ospedale, dove ti ritrovi solo senza avere notizie dei componenti della tua famiglia e dei tuoi amici. Adesso sono da solo nella mia stanza, non ho contatto con nessuno ma non mi annoio perché passo le mie giornate a studiare, a fare un po’ di esercizio fisico e delle videochiamate alla mia famiglia e ai miei amici, cose che non avrei potuto fare stando in isolamento in una stanza di ospedale. Da studente tirocinante ho toccato con il dito la sofferenza dei pazienti e ho capito quanto è preziosa la vita pur essendo isolati dentro casa. Ho capito che nella vita non contano solo i beni materiali ma anche il rapporto umano.

INSIEME CE LA FAREMO, CERCHIAMO DI RISPETTARE LE REGOLE RIMANENDO A CASA.

SOLO COSÌ RIUSCIREMO A SCONFIGGERE QUESTO VIRUS, CHE È UN NEMICO INVISIBILE.